ALCOLIZZAZIONE PERCUTANEA ECOGUIDATA (PEI) DEL NODULO TIROIDEO: INDICAZIONI E LIMITI
Inserto a cura di Daniela Pace 7 agosto 2017
ALCOLIZZAZIONE PERCUTANEA ECOGUIDATA (PEI) DEL NODULO TIROIDEO: INDICAZIONI E LIMITI
Da oltre 20 anni la sclerosi percutanea con alcool (PEI) viene impiegata nella terapia delle lesioni nodulari della tiroide (1-4); negli anni la metodica, considerabile un’estensione dell’agoaspirato ecoguidato, si è sempre più diffusa, dapprima in Europa e successivamente negli USA, tanto che attualmente è universalmente individuata come il trattamento non chirurgico di prima linea nella gestione delle cisti della tiroide (5-6). Inizialmente era stata introdotta nella pratica clinica per la scleroterapia delle cisti renali e delle lesioni maligne del fegato (7-8). L’efficacia della tecnica è legata alla capacità dell’etanolo di provocare la sclerosi attraverso la disidratazione del tessuto trattato e la denaturazione proteica, che in ultima analisi portano alla necrosi coagulativa e alla trombosi dei vasi della zona interessata. Da questo quadro infiammatorio deriva l’infarcimento emorragico della zona trattata e la successiva fibrosi (9). L’alcool non è stata l’unica sostanza che è stata individuata per la sclerosi delle cisti; infatti, alcuni autori hanno proposto le tetracicline e agenti sclerosanti specifici (10-11). I risultati riportati sono abbastanza promettenti, ma l’uso di tali sostanze è rimasto confinato ai pochi centri che le hanno proposte. La PEI viene suggerita anche in altre patologie che interessano il collo, come le cisti del dotto tireoglosso, le paratiroidi ingrandite e i linfonodi metastatici. Tali impieghi sono confinati a pochi centri.
Noduli cistici della tiroide
I noduli prevalentemente cistici o francamente cistici rappresentano le lesioni nodulari ideali da trattare con la PEI (5-6). La necessità del trattamento delle cisti è dovuto alla recidiva nella maggior parte dei casi di quelle sottoposte alla semplice aspirazione.
Non ci sono ulteriori precauzioni rispetto a quelle previste per l’agoaspirato tiroideo ecoguidato (FNAUS); il rischio di emorragia intra-parenchimale tiroidea è sostanzialmente lo stesso dell’FNAUS, per cui è necessario sospendere la terapia anti-coagulante per almeno 3-5 giorni prima dell’esame o nel caso in cui non sia possibile sospendere tale terapia, è necessario eseguire la procedura in corso di eparina a basso peso molecolare. Non è necessario il digiuno e può essere assunta qualsiasi altra terapia farmacologica. E’ buona pratica avere a disposizione due esami citologici negativi per malignità della lesione nodulare da trattare; in caso di noduli misti e pseudocistici bisogna avere l’accortezza di campionare la porzione solida e di inviare la porzione liquida al laboratorio di citologia, affinchè possa essere eseguita una valutazione citologica su sedimento del liquido aspirato. L’esame convenzionale prevede il drenaggio della componente liquida e poi la puntura della porzione solida; questa tecnica porta ad un alto tasso di emorragia all’interno del nodulo e quindi ad un alto tasso di inadeguati citologici. Al fine di migliorare l’accuratezza dell’esame, sono state proposte varianti che prevedono prima la puntura della porzione solida e poi l’aspirazione della componente liquida oppure l’impiego di aghi dedicati. Secondo tali autori, con tali accorgimenti viene riportata una percentuale di adeguatezza (94%) del tutto simile a quella dei noduli solidi (12).
Metodica
E’ necessario far distendere il paziente in posizione supina con il capo iperesteso, inserendo un cuscino al di sotto del collo: si tratta della stessa posizione che viene suggerita per eseguire l’FNAUS. Prima della manovra viene ripetuto un esame ecografico della regione, per la valutazione volumetrica della lesione da trattare, dei suoi rapporti anatomici e per programmare la sede d’ingresso favorevole e il percorso dell’ago. Confermata l’indicazione alla procedura, bisogna disinfettare la cute e disporre un telo sterile a livello cervicale, lasciando libero spazio per la sonda ecografica e per l’ingresso di un ago. La sterilità deve essere assicurata anche per la sonda ecografica (applicare gel e coprire con parafilm) e per gli operatori (si consiglia l’uso di guanti sterili).
Se disponibili, è opportuno far indossare al paziente occhiali protettivi per evitare possibile contatto degli occhi con alcool. In genere non è necessaria l’anestesia, salvo che non si tratti di condizioni in cui è necessario utilizzare aghi di grandezza superiore ai 22 gauge (13-14). Questa condizione si verifica in presenza di colloide troppo densa e difficile da drenare con i normali aghi utilizzati per l’agoaspirato. Una volta eseguita la scansione ecografica, l’inserimento dell’ago (montato su siringa) può essere ecoguidato (necessità di “device” specifico) o ecoassistito (inserimento a mano libera sotto controllo ecografico). I dati disponibili al momento non permettono di chiarire se un approccio è superiore all’altro: è consigliabile pertanto utilizzare l’approccio con cui si ha maggiore familiarità nella propria esperienza di agoaspirazione. L’estrazione della componente liquida può essere facilitato dalla suzione utilizzando una pistola dedicata (es. Cameco). Prima che la cavità diventi virtuale e sia difficile visualizzare la punta dell’ago, bisogna terminare il drenaggio. A questo punto inizia l’inserimento dell’alcool sterile (fiale da 10 mL di alcool al 95%), che viene iniettato con pressione lenta; si visualizza la nuvola iperecoica dovuta al flusso dell’acool che lentamente riempie la cisti. La quota di alcool introdotta corrisponde solitamente al 25-50% del volume iniziale del nodulo, con un massimo di 10 mL. Una volta terminata l’infusione di alcool, prima di estrarre l’ago, si sostituisce la siringa con l’alcool con una siringa con 5 mL di lidocaina, che viene lentamente infusa nell’atto di retrarre l’ago, in modo tale da impedire la retrodiffusione dell’alcool nel parenchima tiroideo ed evitare il dolore conseguente.
Alcuni autori suggeriscono il drenaggio dell’alcool, dopo alcuni minuti dalla manovra, al fine di evitare possibili spandimenti dell’alcool al di fuori della cisti, mentre altri preferiscono che l’alcool sia mantenuto all’interno della cisti al fine di prolungare l’effetto sclerosante. Non ci sono evidenze che un tipo di trattamento consenta risultati migliori dell’altro (15).
Bisogna avere alcune accortezze durante la manovra e più precisamente:
- il monitoraggio ecografico deve essere costante e stretta sorveglianza deve essere posta al punto di diffusione dell’alcool all’interno della cisti
- bisogna evitare l’inserimento troppo profondo dell’ago all’interno della cisti o il drenaggio del liquido fino a rendere virtuale la cavità. Tale precauzione consente di evitare il contatto dell’ago con la parete della cisti ed i possibili danneggiamenti della stessa con creazione di una possibile strada attraverso la quale, l’alcool possa defluire al di fuori dalla cisti
- in caso di resistenze durante l’infusione dell’alcool, si può fare un tentativo di riposizionamento dell’ago e, qualora persista la difficoltà, è consigliabile sospendere la manovra.
Effetti Collaterali
Gli effetti collaterali sono abbastanza contenuti e ben descritti in letteratura. Il dolore è minimo e può essere contenuto da banali analgesici nelle 12-24 h successive al trattamento. La maggior parte dei pazienti, se interrogati sulla manovra, affermano che la tecnica è assolutamente tollerabile e si dicono disponibili, se fosse necessario, per ulteriori manovre (16). Adottando le precauzioni suddescritte, il rischio che l’alcool si espanda al di fuori della cisti è ridotto, grazie alla presenza frequente di capsula fibrosa che circonda la cisti e che funge da barriera (17). Inoltre il rischio si riduce ancora di più se l’alcool infuso viene aspirato dopo alcuni minuti. Quando l’evento si verifica, la conseguenza maggiore è la fibrosi intorno alla cisti che può rendere più difficoltosa una successiva chirurgia. Nel caso la cisti sia posteriore, può aumentare il rischio di ipoparatiroidismo e di lesione dei nervi ricorrenti per contato diretto dell’alcool con le relative strutture anatomiche. Il rischio di paralisi transitoria del ricorrente è estremamente raro nel trattamento delle cisti.
Risultati
Le cisti vere e proprie sono molto rare (< 1%), mentre la maggior parte sono pseudocisti: per ottenere una riduzione significativa sarebbe auspicabile trattare lesioni con componente cistica pari ad almeno il 40-50% del volume totale. Il numero di trattamenti varia da 1 a 4 con mediana di 2 (16).
La riduzione media di volume varia dal 60 al 90%, con un tasso mediano di successo dell’85%. Oltre che in termini volumetrici, i risultati sono stati valutati come riduzione dei disturbi compressivi locali e come miglioramento dell’aspetto estetico. Molte sono state le scale di valutazione utilizzate per rendere il più oggettiva possibile la valutazione, ma da un punto di vista pratico si può dire che il miglioramento di tali parametri correla in modo abbastanza lineare con la riduzione volumetrica del nodulo (18). Analogamente a quanto accade per le dimensioni delle lesioni pseudocistiche, anche per i disturbi cosmetici la probabilità di successo è sporadica con il semplice drenaggio della cisti (19-20).
La possibilità di successo è elevata anche in lesioni molto grandi (> 30 mL). Infatti, anche se i risultati tra cisti di diverse grandezze non sono completamente sovrapponibili, il volume finale non correla precisamente con il volume iniziale della lesione cistica. Fattori che più influenzano la risposta in termini volumetrici sono la percentuale di componente solida e la pluriconcameralità. La pluriconcameralità porta a un tasso di successo non superiore al 60-65% vs un tasso di circa il 90% delle lesioni “francamente” cistiche (16-21).Da un punto di vista pratico possiamo dire che tanto maggiore è la porzione liquida del nodulo (e quindi drenabile) e tanto maggiore sarà la riduzione del volume della lesione. Altro fattore determinante è la viscosità della componente liquida: questa si riflette sulla possibilità di un completo drenaggio della cisti. In genere questa caratteristica viene registrata in fase preparatoria (durante l’agoaspirato); alcuni autori hanno suggerito di trattare comunque queste cisti mediante l’inserimento di piccolissime quantità di alcool, in una fase preparatoria, al fine di modificare le caratteristiche fisiche, riducendo la densità e la viscosità del liquido. In una successiva sessione a distanza di 15-20 giorni è possibile, nella maggioranza di tali cisti, aspirare quasi completamente la componente fluida ed eseguire la manovra (22).
Il risultato è stabile nel tempo ed il tasso di recidiva della cisti è inferiore al 10% (12-13).
Noduli tiroidei funzionalmente autonomi (AFTN)
Inizialmente la PEI era stata proposta in alternativa alla chirurgia e al trattamento con radioiodio per gli AFTN (2-4), ma con l’accumularsi di dati controversi in letteratura l’interesse per questo tipo di impiego si è notevolmente ridotto ed al momento le indicazioni sono molto limitate (6-7).
Preparazione: sovrapponibile a quella per i noduli cistici
Metodica
I noduli funzionalmente autonomi (AFTN) di solito sono solidi e quando c’è una componente liquida, è abbastanza limitata. La tecnica è del tutto sovrapponibile a quella descritta precedentemente quando si tratta la porzione liquida, mentre le differenze sono dovute al trattamento della porzione solida: si incontra una maggiore resistenza nell’infusione di alcool e nelle singole sessioni la quantità di alcool infusa, rispetto al volume del nodulo, è percentualmente minore che nei noduli francamente cistici. Questo dato porta ad un numero sostanzialmente più elevato di sessioni per ottenere una riduzione significativa del volume e della funzione del nodulo. La valutazione del successo viene definita con criteri dimensionali e con la dosabilità del TSH. Di aiuto può essere la valutazione con color-doppler post-terapia, che mostra scomparsa del segnale presente prima della manovra nelle aree trattate (4-23). Il numero riportato di sessioni va da 2 a 7 con una mediana doppia (4 sessioni) rispetto ai noduli cistici (16).
Risultati
A metà degli anni ’90 lo studio multicentrico italiano (23) dimostrò che il tasso di successo era maggiore nei noduli pretossici (83%) che non nei noduli francamente tossici (66%) e tali dati sono stati confermati negli studi successivi (16).A differenza di quanto accade per i noduli cistici, il risultato finale è influenzato in modo significativo dal volume iniziale degli AFTN (4-16-23-24-25-26)
Problema clinico significativo è il volume critico al di sotto del quale proporre la tecnica; su tale argomento gli autori hanno dato risposte non univoche e la maggior parte ha riportato risultati positivi con noduli dai 14 ai 40 mL (23-25-26), mentre qualche autore italiano ha riportato tassi di successo molto elevati in noduli fino a 90 mL di volume (27).
Una delle difficoltà maggiori nella valutazione dell’efficacia della tecnica negli AFTN è stata rappresentata dalla disponibilità solo di studi con follow-up troppo breve (in genere < 1 anno). Un anno è un periodo troppo breve per esprimere un giudizio sul rischio di recidiva in noduli trattati con successo. Dai pochi studi in cui c’è un follow-up abbastanza lungo, dai 36 ai 60 mesi di mediana, emergono dati conflittuali (16-21-28-29).
Un altro importante limite alla diffusione della metodica negli AFTN è stata rappresentata dalla mancata standardizzazione del trattamento. Punti di maggiore controversia sono:
- numero di sessioni necessarie
- quantità di alcool inserita per ciascuna sessione
- quantità di alcool totale inserita
- intervalli temporali tra le diverse sessioni.
La struttura del nodulo sembra influenzare l’outcome: nello studio retrospettivo in cui tale caratteristica è stata analizzata su 112 noduli pretossici, dopo una mediana di osservazione di 60 mesi il mantenimento della riduzione del volume e un TSH dosabile è stato più elevato nei noduli ad ecostruttura mista in cui la componente liquida era maggiore del 30%, indipendentemente dalle condizioni funzionali di base (ipertiroidismo franco o subclinico) (16).Un utilizzo clinico interessante, emerso negli ultimi anni, è quello in combinazione con 131I nel trattamento di AFTN di grandi dimensioni, in pazienti non idonei o non disponibili alla chirurgia. Questo approccio sembra combinare gli effetti positivi di un numero ridotto di sessioni di PEI ed una dose di 131I gestibile ambulatorialmente: con tale approccio viene riportato un elevato tasso di successo e di soddisfazione del paziente (30).
Effetti collaterali
Una percentuale bassa ma non trascurabile di disfonia viene riportata negli AFTN trattati con PEI (3.9%) (26). La complicanza è dovuta alla possibilità che quantità variabili di alcool, a causa dell’interruzione della capsula del nodulo (già presente o provocata dalla manovra), possano retrodiffondere e venire a contatto con il nervo laringeo. Come conseguenza, si ha una paralisi del nervo da irritazione chimica. La disfonia è transitoria e in genere regredisce nello spazio di alcune settimane, spontaneamente o più efficacemente dopo un breve periodo di terapia cortisonica. La complicanza è operatore-dipendente e avviene con una frequenza ridotta (circa < 2%) se l’operatore è molto esperto (28-29). Le precauzioni più utili per minimizzare tale rischio sono: inserimento di alcool con pressione lieve e monitoraggio ecografico continuo, con controllo costante della sede di diffusione dell’alcool.
Altri effetti collaterali più gravi, ma riportati in modo episodico, sono: ematomi (intra-parenchimali e/o sottocutanei), trombosi della giugulare, complicanze settiche e sindrome di Bernard-Horner a seguito dell’interessamento della catena cervicale (31-32).
Utilità clinica
I dati disponibili in letteratura evidenziano un buon tasso di successo della metodica nel breve periodo. Le limitazioni più significative sono fornite dalla necessità di trattamenti ripetuti, dal rischio di effetti collaterali non trascurabili e soprattutto dall’incertezza dei risultati a distanza (16).Queste considerazioni sembrano rendere meno appetibile questa metodica, soprattutto se confrontata con il radioiodio o la chirurgia per noduli di grandi dimensioni. Per tale motivo, le indicazioni della PEI negli AFTN sono legate a quelle condizioni cliniche in cui il trattamento è necessario e per altri motivi, medici e non, non è possibile eseguire terapia radiometabolica o chirurgica (6).
Noduli solidi
Alcuni autori hanno suggerito l’uso della metodica in noduli solidi, freddi e benigni alla citologia. I risultati riportati sono incoraggianti e dimostrano come la PEI sia più efficace della levo-tiroxina nel ridurre le dimensioni dei noduli trattati. La riduzione delle dimensioni è di circa il 40-50% e questo si traduce spesso in un miglioramento della sintomatologia lamentata dai pazienti, quando presente (33-34). L’uso di tale metodica non è molto diffuso, a causa di alcune delle considerazioni che sono già emerse nell’illustrazione della tecnica nel trattamento dei noduli cistici e degli AFTN:
- la tecnica dovrebbe essere presa in considerazione per noduli solidi che necessitano di essere trattati (grandi e sintomatici)
- i noduli solidi rispondono meno di quelli con componente cistica al trattamento con PEI (35). Come in precedenza descritto, la risposta in termini di riduzione dimensionale si correla direttamente alla componente liquida e inversamente con la porzione solida
- esiste il rischio, non completamente trascurabile, che una patologia maligna non sia diagnosticata alla citologia (36), anche se questo rischio può essere minimizzato con l’esecuzione di almeno due esami citologici prima della manovra.
Altre lesioni del collo
Cisti del dotto del tireoglosso
Il trattamento con PEI delle cisti del dotto tireoglosso è stato proposto, ma l’indicazione di prima scelta per tale patologia, anche per il possibile rischio di trasformazione maligna delle lesioni, rimane la chirurgia (37). I risultati riportati sono incoraggianti, perché viene riportata una percentuale di successo di circa l’80%. La limitazione più importante sembra essere la difficoltà nell’evacuare le cisti a causa dell’elevata viscosità del contenuto (38). Questa limitazione può essere superata utilizzando aghi di calibro maggiore e la tecnica potrebbe essere pertanto presa in considerazione in soggetti che rifiutano la chirurgia, una volta attentamente esclusa la malignità.
Cisti delle paratiroidi
Le cisti delle paratiroidi sono abbastanza infrequenti e nella maggior parte dei casi possono essere scambiate per cisti della tiroide. Nelle casistiche autoptiche il riscontro di degenerazione cistica di ghiandole paratiroidee non è infrequente ed è possibile arguire che la degenerazione cistica sia il risultato finale di una graduale ritenzione idrica all’interno della ghiandola (39).Per la diagnosi differenziale è necessario il dosaggio del PTH sul liquido di lavaggio della siringa-ago utilizzata per l’agoaspirato (40).
In considerazione della recidiva post-drenaggio delle cisti delle paratiroidi, è stata proposta la PEI. La PEI è stata utilizzata con successo nelle forma di iperplasia paratiroidea conseguenti ad insufficienza renale cronica e recidivanti dopo chirurgia parziale (41) e nell’adenoma singolo (42).
La difficoltà maggiori alla diffusione della tecnica sono legate alla particolare localizzazione delle paratiroidi: essendo infatti la loro localizzazione molto profonda, la manovra può essere più difficoltosa, provocare più dolore e soprattutto l’interessamento del ricorrente è quasi automatico in caso di fuoriuscita di alcool. Quest’ultimo effetto collaterale è legato anche alla particolare conformazione delle lesioni da trattare che, a differenza dei noduli della tiroide, sono circondati da un sottilissimo strato di parenchima sano.
Metastasi linfonodali cervicali da carcinoma papillifero della tiroide
La tecnica è stata proposta dai colleghi interventisti della Mayo Clinic negli anni novanta (43-44). Ci sono alcune considerazioni che possono favorire un approccio di questo tipo:
- il reintervento chirurgico è spesso un’incognita, a causa della difficoltà a localizzare la lesione
- il tasso elevato di complicanze (lesioni del ricorrente, asportazione delle paratiroidi, danno estetico del collo) del reintervento (45)
- il decorso delle metastasi linfonodali è spesso indolente
Sfortunatamente i dati riportati in letteratura non sono omogenei e le percentuali di successo variano tra il 15 ed il 70% (46-47). In tutti gli studi viene riportato il controllo totale della malattia nel periodo osservato.
Utilità clinica: la PEI può essere proposta nelle recidive linfonodali cervicali da carcinoma differenziato della tiroide una volta che, valutati attentamente gli effetti benefici ed i potenziali rischi della chirurgia, il reintervento venga giudicato molto rischioso o rifiutato dal paziente (48).
PEI e Indicazioni AACE-ACE-AME del 2016
Un aggiornamento delle linee guida AACE-ACE-AME del 2016 definisce la PEI come una tecnica ambulatoriale sicura ed efficace per le cisti tiroidee e i noduli complessi con ampia componente fluida (grado A, BEL1). Pertanto l’alcolizzazione percutanea ecoguidata è la terapia di prima linea per le lesioni cistiche benigne recidivanti (grado A, BEL 1), mentre non è raccomandata per i noduli solidi, siano essi iperfunzionanti o non, e i gozzi multinodulari (72). La PEI può essere presa in consideralzione per i noduli “caldi” che determinano sintomi compressivi, solo quando non siano accessibili altre modalità di trattamento (72), come radiofrequenza, terapia con 131-I o intervento chirurgico (grado A, BEL2). La gestione clinica prevede di eseguire preliminarmente un attento campionamento della componente solida della lesione (grado B, BEL3).
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